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pronti, attenti, via

Proprio così, non bisogna mai abbassare la guardia. Basta un momento perché qualcosa o qualcuno trasformi le tue giornate. Ed è cosi che come ogni giorno, o quasi, entro in studio la mattina presto, mi siedo alla scrivania e non so ancora quale percorso seguirà la giornata, tra clienti, appuntamenti, imprevisti di ogni tipo, bonifici da fare, da ricevere e tasse da pagare. Così arriva metà mattinata e non ho ancora deciso da dove cominciare quando squilla il telefono. Il numero del mio editore! Strano, non dovevo sentirlo, avanza soldi? Forse li avanzo io? Decido quindi di rispondere: “Ciao Fabio, qual buon vento?!” attacco subito per stimolare la conversazione. “Ti faccio intervistare perché ho deciso che te lo meriti! Cosa dici? Ti piace l’idea?” risponde subito con tono positivo. Poche parole in più, un riferimento mail da controllare e in pochi giorni mi ritrovo la redazione di QDPNews che invade pacificamente il mio studio a Montebelluna. Sono giovani, sono quattro, tre uomini e una donna….i Fantastici Quattro…penso io, ma per quel minimo di pudore che conservo ancora mi vengogno di esclamarlo pubblicamente. Mi chiedono di me, conosco le risposte e rispondo; mi chiedono dei miei libri, conosco anche quelle e rispondo nuovamente. Sono preparato e fluido, mi lascio andare tranquillo, ogni tanto respiro e loro inseriscono una domanda, che poi interpreto a modo mio. Solitamente non rispondo subito, mi piace arrivare al punto attraverso strade inesplorate, confuse e solitamente sterrate, poco battute dagli altri. Ma con calma ci arrivo. Mi osserva anche Fabio Brussi, il mio editore, che ogni tanto sorride, ogni tanto ascolta, ogni tanto dice qualcosa, fa tutto molto bene, ma mai contemporaneamente. Il pomeriggio scorre piacevole e diventa un’ intervista video breve, ma bella, dove mi riconosco. Mi riscopro quel giovane cinquantenne che deve ancora decidere cosa farà da grande, ma oggi ho fatto una scoperta clamorosa. Che esistono giovani appassionati e impegnati, che si muovono, si inventano un mestiere, si impegnano per scoprirne i trucchi, lo migliorano con la loro freschezza e con la loro cortesia. Ho scoperto insomma che esiste un mondo di giovani che certamente sono meglio di noi e meritano per questo di essere raccontati.

Per questo restate collegati verso la fine dell’anno. Perché uscirà il mio nuovo libro e parlerà proprio di loro.

il tuo libro, la tua storia

15 marzo 2019. Una data che ricorderò certamente a lungo. La serata era fresca, ma in questo mese dell’anno avrebbe potuto esserlo di più. L’organizzazione dell’evento perfetta, tutti sapevano cosa fare e quando farlo. L’evento era festeggiare i 100 anni di una azienda familiare, che ha segnato le sorti di un territorio, di una intera comunità e che ancor oggi è protagonista in un mercato sempre più complesso e articolato. Io attendevo il mio turno, tra discorsi di autorità, fotografie di rito, brindisi allegri e abbracci sentiti. Io attendevo il momento in cui sarei dovuto salire su quel palco per presentare il libro scritto appositamente per la serata, con la storia umana e professionale di quella famiglia così complessa, che nell’arco di diverse epoche aveva tracciato un solco chiaro e profondo nella vita sociale e industriale coneglianese. Finalmente parlo e mi rendo conto di quanto le parole vadano a fondo, di quanto importante sia lasciare la propria storia segnata sulla carta per donarle quell’immortalità che ogni vita merita. Ho visto le lacrime degli anziani, la tenerezza degli sguardi appoggiati su semplici parole dal profumo di carta, la silente gara a riconoscere chi, dove e quando nelle poche fotografie recuperate e sbiadite che la ricerca ci ha così difficilmente donato. Ho percepito chiaramente la felicità, di aver raggiunto l’obiettivo: rimanere nella storia di coloro a cui teniamo per permettere ai nostri figli e ai nostri nipoti di cancellare dal loro vocabolario, e per sempre, espressioni del tipo…”boh! Non ricordo, mi sono dimenticato…”.

IL CANTASTORIE

Dicembre è sempre un mese intenso e ricco di emozione. Mi ritrovo spesso da solo, per strada, diretto o di ritorno dalle numerose serate che mi coinvolgono per i libri, per incontri a vario titolo o semplicemente per una cena a casa di qualcuno. Un bel momento per pensare a quello che la vita personale e professionale ogni giorno mi regala. La possibilità di ascoltare e scrivere storie di vita che appartengono ad altri e che in qualche modo diventano mie; perché mi appassionano, mi coinvolgono, mi permettono di conoscere mondi, persone, culture e arti che prima mi erano impensabili e che ora invece mi rendono più ricco. Perché la vera ricchezza, secondo il mio personale pensiero, è proprio questa! E tutto ciò mi piace sempre di più. Nelle ultime serate mi descrivo come un “cantastorie”, perché è la definizione che sento più vicina. Non riesco a scrivere di fantasia, di storie inventate, non mi piace regalare emozioni finte ai lettori, per quanto possano essere belle e emozionanti. La Vita, la mia Vita, mi ha insegnato che le storie degli uomini sanno regalare una magia unica, soprattutto quando sono vere. E quindi le cerco, sono le sole che voglio raccontare, quelle che mi piace interpretare e pubblicare. Ogni uomo è una storia che merita essere ricordata dai propri cari o dagli amici, ma alcune di queste hanno una dignità straordinaria, che merita essere divulgata, soprattutto attraverso un libro. Che poi rimane, anche dopo di noi e per sempre. Mi piace essere “cantastorie”, mi sento proprio così; ne sono ogni minuto più convinto. Devo solo trovare le storie e una di queste potrebbe essere proprio la tua!

L’ispirazione.

Ispirazione. Una parola che sempre più spesso ricorre nella mia mente e nelle mie parole. La riscopro lentamente, nella sua profonda leggerezza. Mi coccola pensarla, mi piace, mi fa stare bene. Mi ritrovo a guardare cose e persone con occhi differenti, a cercare oltre la loro apparenza. Mi piace guardare la loro essenza, se ne ho l’opportunità chiaramente! Mi piace soprattutto quando attiro qualcuno non per parlare, ma per ascoltare. E sempre più spesso, dopo averlo soltanto ascoltato, mi guarda e dice:” …mi ha ispirato.” oppure “… sei stato di grande aiuto, di grande ispirazione”. Di solito rispondo con un timido sorriso, anche perché non saprei cos’altro dire. Ispirare qualcuno stando zitto mi fa mettere in discussione tutto quello che ho fatto negli ultimi 50 anni, visto che era proprio attraverso le parole che cercavo di ispirare qualcuno! E invece ora capisco che la strada corretta è quella che procede nel senso contrario. Forse anche per questo ho cominciato a scrivere. Credo che l’ispirazione sia fondamentale per guardare, per lavorare, per fare, per vivere e amare in modo più intenso e migliore. Abbiamo bisogno tutti di ritrovare la nostra ispirazione. Soprattutto noi adulti la stiamo trascurando troppo, la stiamo dimenticando e quindi non siamo in grado di trasferirla come esperienza ai giovani. Quei giovani che sono sempre più soli nella “loro” globalizzazione, che gli abbiamo confezionato maldestramente noi. Detto questo chiudo il computer, spengo il telefono, ripongo il tablet e prendo la mano delle mie bambine. Le porto a giocare, a fare sport oppure a suonare e cerco di star loro vicino per ricambiare quello che hanno fatto a me dal primo giorno di vita: ispirarmi!

Voglio restare un bambino.

I bambini credo siano il pubblico più esigente. A loro non puoi raccontare storie, non puoi mentire. Ti annusano, sentono la tua paura, sanno dove colpire per metterti in imbarazzo senza pietà. Ma sono splendidi quando capiscono che sei vero, genuino e sai parlare la loro lingua. Non credo sia così facile scrivere per loro, anzi, sono certo sia una capacità rara per un adulto.

Recentemente ho avuto il piacere di essere invitato in una scuola elementare per parlare con i bambini di 5a, di 4a e di 3a elementare. Erano anni che non sudavo così! Ore di parole che sono volate velocissime. Le domande mi hanno colpito, mi hanno emozionato e anche divertito tantissimo. Al termine delle due giornate mi è sorta la domanda: “ma avrò lasciato un segno? avranno capito qualcosa di me?”. Ero curioso di vedere se ero stato in grado di comunicarmi e di interpretare un linguaggio diretto e meno strutturato di quello che solitamente utilizziamo noi adulti.

Con orgoglio posso dire di aver centrato l’obiettivo. Sono bastate due letterine che hanno scritto proprio a seguito della mia visita e che le maestre mi hanno gentilmente concesso di conoscere.

Felice di aver fatto questa esperienza impagabile. Onorato di essermi sentito uno di loro. Emozionato di aver appreso che una traccia, seppur piccola, è rimasta nella loro mente e, mi auguro, anche nel cuore. Spero di diventare da grande quello che ho sempre sperato di rimanere: un bambino!

Una bella lezione

Molte volte nella vita mi sono ritrovato a parlare con i ragazzi. Negli incontri in libreria, nei vari locali dove ho avuto la fortuna di essere invitato o nelle scuole secondarie superiori. Ma mai  con i bambini delle scuole elementari. Un invito informale, nato dalla cordiale confidenza maturata con le maestre in molti anni. Un invito gradito, che in qualche modo ha acceso in me la necessità di capire come muovermi, come esprimere il mio pensiero e tradurlo per delle orecchie così semplici, così poco abituate a formulare e elaborare pensieri complessi. Che tipo di termini utilizzare, che impostazione dare a oltre due ore di incontro? Una serie infinita di domande che mi hanno turbato il sonno, che hanno scosso le mie fondamenta e messo in crisi un sistema espressivo articolato che negli anni ho comunque elaborato e strutturato grazie all’incontro con adulti. Ma oggi? Cosa avrei dovuto aspettarmi da loro e soprattutto da me stesso? Il vuoto! Non riuscivo a vedere la soluzione.

Un vuoto inutile che si è colmato dopo alcuni istanti grazie alla loro splendida accoglienza. Un mare di sorrisi, una serie infinita di domande, la loro curiosità, la loro gentilezza e il loro entusiasmo mi hanno piacevolmente spiazzato e coinvolto. Le mille alzate di mano, il rispettoso silenzio e la spregiudicata, ma pura, curiosità. Per capire chi sono, per conoscere un uomo tatuato e barbuto, dall’aria magari truce, che si è sciolto come neve al sole davanti a tanta genuina umanità. La voglia di conoscere il perché della mia scrittura, della mia barba, del mio modo di essere colorato. La gentilezza infinita nell’offrirmi una parte della loro merenda durante la piccola pausa scolastica prevista, il loro affetto e i loro bellissimi sorrisi. Mi hanno impressionato, mi hanno emozionato profondamente. Erano circa 40 bambini e ognuno di loro ha lasciato una piccola traccia, che si è trasformata in sorriso. Quel sorriso che mi ha accompagnato per tutta la giornata e l’ha resa migliore. Oggi credo di aver capito una cosa importante: è fondamentale che gli adulti ogni tanto vadano a raccontarsi nelle scuole, non tanto per insegnare qualcosa, ma per imparare a riscoprire l’umanità e la semplicità che solo i bambini sono in grado di donare con tanta forza.

Berlino Magazine

Quando meno te lo aspetti, la vita ti regala delle bellissime sorprese. Proprio come un fulmine a ciel sereno mi è arrivata la straordinaria notizia della pubblicazione di una prestigiosa recensione del mio ultimo lavoro Berlin Becher su Berlino Magazine. Si tratta di un sito che parla e promuove la cultura italiana in Germania, soprattutto nella capitale tedesca e si pone al servizio degli italiani che vogliono vivere, lavorare o conoscere la grande città tedesca che dall’abbattimento del muro non ha mai smesso di incuriosire ed affascinare il mondo intero. Per me si tratta certamente di una bellissima notizia e di un grande stimolo a continuare in questo percorso di scrittura che la vita mi ha regalato e che continuerò a perseguire con grande impegno.